L’arte parla una lingua trasversale alle identità (di genere, nazionali, religiose e ideologiche), illumina una conoscenza piena di rischi e sa afferrare l’avventura umana per i capelli liberandola dalla schiavitù delle verità preconfezionate. L’arte è un laboratorio nel quale si sperimentano nuove forme di umanesimo e si dà forma all’interpretazione del mondo senza nessuna tensione verso la salvezza.
La conoscenza ha una origine accessibile a tutti: lo sguardo. Saper guardare è l’inizio di ogni scoperta perché l’osservazione stabilisce un rapporto con il reale, ma è anche la condizione per non smarrirsi nei misteri nascosti in ogni esistenza. Il reale non è un continuum, nel quale i cambiamenti di tempo e luogo accadono dolcemente e senza discontinuità, dove non c’è posto per fratture improvvise e cambiamenti qualitativi. Le montagne non sono coni, il fulmine non si propaga in linea retta, l’universo è irregolare, non arrotondato, scabro e non liscio. Il mondo reale, nella sostanza, risponde alle leggi di una geometria del butterato e rotto, del contorto, dell’intrecciato, del complesso. I buchi e i grovigli non sono imperfezioni che distorcono forme euclidee, ma sono le chiavi dell’essenza delle cose.
Tutte questi pensieri assistono al processo di costruzione delle mie immagini nelle quali propongo “invenzioni” pittoriche costituite da forme non premeditate che si presentano indeterminate, quasi organiche. Immagini che non sono copia o associazione mentale ma organizzazione e che non risultano da un semplice vissuto percettivo ma da un’esperienza intellettuale. Il mio impegno si concentra quindi nella predisposizione di un modello non mimetico con cui istituire una relazione di senso, là dove l’oggettività del visibile non ha natura legiforme.
Intendo stimolare un continuo ri-orientamento del vedere, mediante la presentazione di configurazioni aggettate, di forme dall’impensato o di oggetti ripensati in un altro ordine di realtà. E, inoltre, “contamino” le opere con titoli, all’apparenza arbitrari, per fornire una strategia percettiva orientata alla scoperta di significati “altri”.
Sculture colorate in equilibrio precario, architetture dipinte che vanno oltre il puro ritmo decorativo e che trovano un senso nello stabilire una relazione là dove esistono lacerazioni, separazioni, suture e annodamenti, là dove la luce della ragione fatica a far giungere il suo raggio. |