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Come illuminare il lato oscuro delle opere

 

Il mondo viene illuminato dalla ragione e con essa il progresso delle scienze fa chiarezza nelle tenebre e nel buio. Il buio è alimentato dall’oblio, dalla miseria umana, dall’indistinto, dall’irrazionale, da ogni assolutismo e dal nulla. Ma dal buio sgorga inattesa la visione della poesia e il lampo dell’invenzione.

L’arte, quindi, è l’apparenza che nasce dal lato nascosto e enigmatico del mondo, ma deve farsi anche carico del coraggio della ragione per confrontarsi con la realtà complessa e aiutare a comprendere la finitezza del mondo, i suoi limiti.

 

L’arte è una qualità intrinseca all’intelligenza umana ma, per farla emergere e per rendere conto di come i suoi oggetti siano costruiti per produrre senso, deve diventare un sistema socializzato, cioè deve acquisire lo statuto di linguaggio.

Seguire percorsi che consentano di andare oltre l’emotività, l’impulsivo, l’estrema enfatizzazione dell’espressività individuale consente di spostare la percezione da una logica dell’informazione verso una logica della partecipazione  nella considerazione che non siamo monadi osservanti ma frammenti di una comunità in continua relazione con gli altri.

E’ per questo motivo che accosto alle opere titoli all'apparenza “arbitrari” (non inutili didascalie ma formule di pensiero) per far leva sul carattere costruttivo della provocazione, dell’ambiguità, del non equilibrio e della contaminazione e disvelare agli altri le radici profonde della mia creatività.

L’attività di contestualizzazione delle opere ha come obiettivo, non quello di favorire la ricerca di simboli da interpretare, ma quello di facilitare la scoperta di “altri” significati, di modi differenti di vedere e comprendere quello che è di fronte ai nostri occhi “immobile” e che di colpo ci appare completamente diverso. In altre parole intendo fornire una “strategia cognitiva” a chi legge le mie opere affinché possa, camminando senza sentiero, decidere fra diverse incertezze.

Il titolo dell'opera dovrebbe infatti stimolare un continuo riorientamento del vedere presentando oggetti dall’impensato e facendoli ripensare in un altro ordine di realtà; le opere divengono così un luogo concreto e storicamente esistente, fruibile e visibile e non solo espressione puramente virtuale della fantasia.

Guarda sotto la superficie; non permettere che le molteplici qualità di una cosa ti sfuggano. (Marco Aurelio)

 

Le immagini vengono racchiuse entro frontiere sfumate in cui la razionalità totalizzante, pervasiva e monologica si dissolve, pretendendo di sussurrare pensieri con una voce roca, flebile e sommessa e evocando un senso di sperdutezza.

Un fare che si fa materia impalpabile, che si dilata sulla vita schiudendone le dimensioni più profonde.

Si percepiscono allora forme ombratili, pietosamente povere, isolate in vaste campiture che fanno pensare ai disperati timori, alla fragilità e all’insensatezza umana evidenziando contemporaneamente la desolante bellezza dell’umiltà.

Forme che cercano di non essere solo espressione di vuoto - meramente decorative - per diventare invece idee di presenza.

Una poetica sussurrata dai materiali che fa tesoro dei linguaggi ereditati e che anima un’arte da attraversare per starci dentro e sondare l’inesplorato, varcare una soglia proibita, accogliere l’instabile, abitare il dubbio.