Indietro Rosario Sprovieri

Testo critico sul catalogo "L'intelligenza dei nodi"

 

Gualtiero Redivo, un cuore annodato sulla tela
 

Sono tracce e espressioni d’arte armonica e vivace, mescolanze, accartocciature, lesioni e suture, nate dalla tecnica e dall’uso sapiente del polimaterico, un personalissimo stile quello dell’artista che ci mette innanzi ad “altri paesaggi”, diversi, non figurativi, ma ricchi di pathos e di magma inarrestabile, impetuoso e avvolgente. Quadri singolari, panorami inconsueti, comunque, pagine intense dell’umano sentire, è il travaso caldo del cuore che irrora le tele e impregna i colori. Redivo segna, incide, lega e stringe una lunga sequenza di nodi, poi l’aggroviglia e l’ammanta e ci si copre anche l’anima. L’idea concettuale e, soprattutto il suo modo di “fare arte”, è quella d’inventare forme, “costruire universi compositi”, nicchie d’arte capaci di aprire interrogativi, di suggestionare e, di invitare inesorabilmente alla riflessione. Egli, perciò appartiene all’ambito dell’innovazione e della manipolazione della materia, per questo si colloca fra gli interpreti, più capaci, del mondo dell’arte informale. Succede che, anche Redivo, come è già accaduto agli artisti nati dopo il millenovecentotrenta, con la sua opera, senta il bisogno di allontanare il versante del “mondo della vita” (1) per lavorare sulle cose e sugli oggetti, sugli scarti marginali e insignificanti che la comunità degli umani abbandona quotidianamente senza alcun ripensamento. Tessuti, plastiche, carta, pelli, gessi, corde e lacci diventano allora, l’oro da catturare con il setaccio liso e lucente immerso nel fiume della vita; - povere cose - che il genio ripropone, rigenera e nobilita, facendone il principale strumento di lavoro, il “materiale nuovo” della sua poetica d’arte. I rimasugli sono il vero concime per le sue terre; qui, il seme germoglia sempre, spacca potentemente la terra e la, fioritura ne trasforma lo strato e ne arricchisce il colore. Manipolazione e realizzazione tangibile, una idea-forma-pensiero che raggiunge concretezza; un progetto che si é alimentato nei cieli della mente, nell’inquietudine e nell’eterno travaglio dell’animo umano. Alla fine del processo creativo, l’opera è intrigante e corporea, tridimensionale, a volte ondosa altre con leggeri accenni di policromia. Redivo conosce ed usa con maestria ogni colorazione: tinta, croma, cromaticità, predispone ogni scena calibrando la luminosità di ogni soggetto: il valore, la chiarezza, la brillanza, ed infine si dedica con successo a ponderare ogni saturazione, ricercandone purezza, pienezza e intensità. Gualtiero Redivo appartiene – per nascita – alla cultura dei liguri, gente di mare con quel carattere un po’ chiuso, dentro nasconde la ricchezza e la nobiltà d’animo, tutto l’orgoglio, tutta l'amarezza e quella oggettiva tenacia dei tanti poeti e degli artisti immortali della città natale. Lo pervade un carattere coriaceo e indomito che lo sprona da sempre alla lotta; cosi attraverso le sue “tele differenti” l’artista intende riabilitare, ricomprendere, ritrovare e riportare alla vita tutto ciò che, superficialmente, né è stato escluso. La sua è una specie di nuova crociata della contemporaneità – forse, tutto ciò sarà la sedimentazione di quell’antico retaggio della coriacea città Repubblica marinara, potenza politica ed economica la cui fortuna comin¬ciò intorno al 1100 con la conquista di Antiochia, Giaffa e Cesarea. Oggi Redivo è un cittadino dell’Urbe, un genovese trapiantato a Roma e qui, nella capitale, che sicuramente ha accentuato i moti dell’animo, ha spalancato i suoi occhi sul mondo, verso le culture e le ansie dell’intero universo, riuscendo ad infilarsi con decisione, in un mix culture e di popoli verso un cammino intrigante e fecondo. Gualtiero Redivo continua tutt’oggi a modellare la sua arte con la stessa abilità dell’antico maestro vasaio, cura minuziosamente la foggia dell’argilla molle, presta estrema attenzione nella ricerca delle forme e con severità sorveglia e protegge il processo di essiccatura, è altrettanto puntuale, vigile fino alla fase di asciugatura della materia plasmata, sino al completamento della cottura per il fissaggio finale e lo stringere delle suture. Mistico e magico è il ricorso al “pentagramma dei nodi” che, l’artista colloca costantemente in tante delle sue opere; a intrecci e nodi sono riconducibili la continuità della vita, il ciclo infinito di nascita e morte, del giorno e della notte. Nel nodo c’è anche un concetto di protezione e di sicurezza, in un certo senso un riandare alle origini della vita che, al legame originario con la propria madre, sino all’unione carnale del cordone ombelicale. Il nodo, comunque, non esprime solamente fissità, attorcigliamento o blocco, ma anche, implicitamente, se consideriamo la possibilità che può essere allentato o sciolto per sempre, ecco che d’improvviso, oltre costrizione e pena, suggerisce liberazione, allontanamento volontario, più intima e personale riflessione, libertà. Il legame con la materia, poi, é certamente un’ispirazione verso la spiritualità e la ricerca di una visione più elevata ed ideale della nostra vita. Un artista “ricco dentro” che cerca di donarsi completamente al mondo attraverso la povertà dei suoi materiali. L’anima di Gualtiero Redivo sta innanzi alle sue tele, come un povero frate mentre prega, snocciola piano, il rosario dei suoi uccelli annodati, dei grappoli piumati sospesi, abbarbicati a invisibili fili della luce. La scena è colta un attimo prima del silenzio, prima che la neve cucia l’orizzonte. L’artista non mostra titubanza, conosce bene il tempo e le stagioni, sa che questi “stormi di uccelli neri” incatenati e muti, presto prenderanno ali, e allora, da tutti i suoi nidi i piumati appollaiati al freddo, fra le magie di primavera e il tessuto delle tele intrise di colore, “escon del loco dove cacciogli il nembo e la paura”, (2) allora spunteranno come fiori su tutti gli alberi d’ogni foresta e una musica di pace ne accompagnerà il disegno d’ogni volo. (3)
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(1) Renato Barilli - Intervista a cura di Federica Pirani. Roma anni 60 al di là della pittura - Carte Segrete 1990
(2) Giacomo Leopardi - Zibaldone, 21.
(3) Rabindranath Tagore - “Se tu non parli”.